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Intervista dell’ On. Ministro Di Maio al Financial Times

Di Maio: Lettera: Gli Stati Membri dell’UE non devono rischiare di essere intrappolati dall’orgoglio e dal patriottismo (Financial Times)

Come mai prima d’ora l’Europa si trova di fronte a una sfida cruciale per il suo futuro. Una sfida che non ha precedenti nella storia dell’Unione europea, una sfida che segnerà inevitabilmente il nostro percorso, la nostra comunità e che resterà nei libri di storia.

L’emergenza Coronavirus ha colpito ognuno di noi. Ha inciso sulle nostre abitudini e intensificato le difficoltà delle persone più fragili. È un’emergenza destinata a protrarsi nel tempo, i cui effetti e le conseguenze di natura economica assume le sembianze di una guerra. Una guerra che l’Unione Europea, nel corso dei suoi anni, è sempre riuscita a scongiurare, facendo fede ai suoi valori fondanti, ripercorrendo le parole e lo spirito di chi ha lottato per costruire un progetto comune, un progetto di pace.

Nel tempo, i nostri popoli hanno saputo dialogare e confrontarsi. Sono emigrati, cresciuti, si sono integrati, conservando le proprie culture e talvolta emancipandole in una cornice di convivenza comune. Questo ha aperto nuovi orizzonti, soprattutto ai più giovani.

Il confronto che in questi giorni si sta intrattenendo sui tavoli UE deve poter salvaguardare quanto costruito finora. Ognuno dei nostri Paesi è legato indissolubilmente. È un legame straordinario, che abbiamo il compito di preservare, anche nelle consuete relazioni che ognuno di noi intrattiene con le rispettive opinioni pubbliche.

A tal proposito, il primo dovere di un politico, a mio avviso, è la trasparenza e la sincerità. Un dovere inderogabile, irrinunciabile, che deve spronarci a dare il meglio di noi stessi, ma che soprattutto ci restituisce una profonda consapevolezza: nessuno di noi, nessuno dei 27 Stati membri che oggi costituiscono la nostra comunità, potrebbe farcela da solo.

L’orgoglio e il patriottismo che ogni singolo governo nutre per la propria terra sono sentimenti nobili e legittimi. Non possiamo tuttavia rischiare di restarvici chiusi dentro. Non possiamo affidarci agli individualismi, specie in un momento in cui il destino di ognuno è legato a quello dell’altro. Significherebbe rinunciare alla nostra forza. Sarebbe incomprensibile agli occhi del mondo che ci sta guardando. Ora è il momento di restare uniti, di lottare insieme e di riflettere. Di riflettere sul futuro dell’Unione, su ciò che vogliamo, sulle nostre ambizioni.

Questa è una delle peggiori crisi di sempre, dove nessuno ha colpe. Siamo colpiti da una pandemia globale, dobbiamo dirci la verità: l’Europa finora non ha saputo mostrare sufficiente solidarietà. Non ha saputo giocare da squadra, anzi non ha voluto. Sono emersi egoismi e personalismi, persino scontri tra i giornali dei diversi Paesi. Uno spettacolo oggettivamente triste, che deve far riflettere non solo tutti gli italiani ma ogni cittadino europeo.

Oggi non possiamo più eludere certe domande: che Europa siamo? Dopo più di 60 anni dalla nascita dell’Ue cosa siamo diventati?

Nella sua dichiarazione del 9 maggio 1950, quando le nazioni europee cercavano ancora di risollevarsi dalle conseguenze devastanti della Seconda guerra mondiale, Robert Schuman disse, testualmente: “L’Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme. Essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto”. Bene, dov’è oggi questa solidarietà? Quale valore vogliamo attribuirgli?

È, questa, una riflessione che non possiamo non fare. Che ogni europeo, ogni padre, ogni madre deve trasmettere ai propri figli. Ancor prima di sognare un’Europa federale, ancor prima di pensare al futuro, perché ci stiamo perdendo il presente. Ma senza presente, il futuro non esiste. Il futuro si costruisce adesso.

Non possiamo perdere questa opportunità di cambiare la storia.

Lo dobbiamo ai nostri figli, alle future generazioni che verranno. Lo dobbiamo ai valori della democrazia e della libertà che abbiamo sempre difeso e che, mi auguro, continueremo ancora a difendere.